Tradimento: uno tsunami nella vita di coppia


Le domande che spaccano il cuore
"Si può perdonare un tradimento, dottoressa?"
"Si può dimenticare quello che mi ha fatto?"
Domande che arrivano spezzate, trattenute tra le lacrime o urlate con rabbia. Domande che non cercano una risposta teorica, ma una via d'uscita dal dolore.
"Io a casa con il piccolo, e lui che si divertiva a dibattersi tra le lenzuola con un'altra". Raffaella me lo dice con gli occhi vuoti.
Renato invece batte un pugno sulla scrivania: "Non posso sopportare di pensare che Claudia avesse in mente un altro. Vorrei chiederle se le piacesse. Se era più bravo. Se..."
Un trauma che scuote le fondamenta
Il tradimento è uno shock emotivo. Un trauma relazionale tra i più devastanti. Perché? Perché mira al cuore della nostra sicurezza: la fiducia. E quando viene meno, il mondo si frantuma.
Non è l'amore il nostro bisogno principale, ma la sicurezza.
Prima i muri, poi i cuori. Prima la capanna, poi i due cuori e una capanna. La capanna, quando crolla, lascia scoperti, inermi, sommersi da rabbia, vergogna, paura, senso di abbandono.
"Si spezza un pezzetto di cuore, magari piccolo, dottoressa, ma è vicino alla parte più vitale. Quella che porta ossigeno al tutto". Parole donate da una paziente, che valgono più di mille definizioni accademiche.
Tradimenti non consumati, ma non meno devastanti
Eppure, non sempre serve il corpo per tradire.
Ci sono tradimenti fatti di sguardi, di messaggi, di fantasie. Di complicità segrete che non toccano mai la pelle, ma lacerano comunque la fiducia. L’infedeltà emotiva può essere ancora più insidiosa perché vive nel non detto, nella nebbia del "non è successo niente di concreto". Ma ciò che è concreto, spesso, è il dolore che provoca.
"Che sarà mai, dot? È solo una chat! Flirtare con una che neanche conosco, e neanche mi piace poi fisicamente... Laura se la prende per cosa?". Così Marcello, spaventato, confuso, cerca di difendersi da qualcosa che non ha saputo prevedere.
Eppure Laura ha sentito che qualcosa si era spezzato. Perché quando si condivide l’intimità – quella emotiva, quella dei pensieri più nascosti – con qualcuno che non è il proprio partner, si infrange un patto implicito: quello di essere l’unico porto sicuro.
I tradimenti "non consumati" pongono una domanda scomoda: cosa conta di più, il gesto o l’intenzione? E ancora: è meno grave ciò che non si tocca, ma si desidera intensamente? Le risposte non sono mai semplici. Ma il dolore, nella maggior parte dei casi, parla chiaro.
Non è il corpo il problema. È il luogo dell’intimità condivisa che viene spostato altrove. E quello spazio, una volta aperto, lascia un vuoto difficile da colmare.
Le mille radici del tradimento
Il tradimento ha mille volti. E mille radici.
Non sempre nasce da mancanza d’amore. A volte nasce dalla mancanza di connessione, di riconoscimento, di ascolto. Si tradisce perché ci si sente soli anche in due, perché il corpo c’è ma la mente è altrove. Perché i giorni diventano identici, le parole ripetitive, i gesti automatici.
Si tradisce per rabbia, per vendetta, per un bisogno disperato di sentirsi vivi. Perché qualcosa dentro si è spento, e invece di parlarne si cerca ossigeno fuori. Oppure, si tradisce per leggerezza, per un istante di fuga, per colmare un vuoto che nemmeno si sa nominare.
Ci sono tradimenti che arrivano dopo anni di silenzio, e altri che esplodono all’improvviso, senza che chi li commette sappia davvero spiegare perché. A volte è il ciclo di vita a mettere in crisi la relazione: un figlio, un lutto, un cambiamento professionale, l’invecchiamento, o semplicemente la perdita di un progetto comune.
E sì, a volte ci si innamora. Non tanto dell’altro, quanto di un’idea di sé diversi, migliori, più liberi. Di una possibilità di rinascita. Di uno sguardo che ci rimette al centro dopo anni passati ai margini.
Il tradimento non è sempre la causa della crisi. Spesso è il sintomo. Un campanello d’allarme che qualcosa, da tempo, non stava più funzionando. Ma per comprenderlo bisogna avere il coraggio di guardare sotto la superficie, oltre il gesto, dentro le crepe che si sono formate nel tempo.
Ogni storia è unica
Non esiste una ricetta. Solo storie. E dentro ogni storia, le sue verità.
Da lì bisogna partire. Ogni coppia è un sistema a sé, fatto di equilibri invisibili, routine silenziose, ferite mai dette e desideri spesso inespressi. È facile, da fuori, pensare di sapere cosa sia giusto o sbagliato. Ma chi è dentro quella relazione conosce sfumature che nessuno può vedere.
Per questo, dopo un tradimento, non esiste una risposta uguale per tutti. C'è chi sceglierà di separarsi, e chi vorrà provare a ricostruire. Chi sentirà che è stato solo un sintomo di un malessere più profondo, e chi invece lo leggerà come un punto di non ritorno.
Il punto di partenza non è "chi ha sbagliato". Il punto è: cosa significava per noi questa relazione prima? Cosa significa oggi, dopo quello che è accaduto? E soprattutto: siamo disposti a rimetterci in gioco, a riscrivere le regole del patto di coppia?
Ogni storia è unica perché unici sono i due individui che la abitano. E solo loro possono, insieme, dare senso a ciò che è accaduto. Non per giustificare, ma per comprendere. Non per cancellare, ma per trasformare.
Perché è così che le relazioni affondano: non per l'acqua attorno, ma per quella che lasciamo entrare.
Dare spazio alle emozioni
Serve tempo. Serve spazio.
Spazio per il dolore che paralizza, per lo smarrimento che ci fa sentire senza terra sotto i piedi. Per la vergogna di non essere stati abbastanza, per la rabbia che cerca colpevoli, per la paura di non riuscire a superare tutto questo. Tradire o essere traditi apre un vortice emotivo che non si può contenere con la razionalità.
Le emozioni non vanno giudicate, né represse. Vanno riconosciute, attraversate, espresse. Anche con il pianto, anche con il silenzio, anche con la voce che trema o che urla. Con rispetto, ma senza paura. Perché reprimere il dolore significa solo spostarlo nel tempo, e spesso lo fa tornare più forte.
È importante sapere che si può chiedere una pausa, che si può mettere distanza se si teme di perdere il controllo. A volte la miglior forma di amore in momenti così critici è proprio mettere in sicurezza l’altro e se stessi dalle emozioni che rischiano di esplodere.
Scrivere, parlare con uno psicologo, camminare, urlare nel cuscino: ogni persona ha il suo modo di metabolizzare. Non esiste un modo giusto, ma esiste un modo autentico. E quello va rispettato.
Il ruolo degli amici (e dei loro limiti)
Gli amici? Possono essere un porto sicuro, ma anche un campo minato. La loro presenza è preziosa, ma va dosata. Perché chi ci ama tende, comprensibilmente, a scegliere da che parte stare. Quando confidiamo un tradimento subito, spesso troviamo conforto, indignazione, protezione. E ci sembra giusto così.
Ma se poi decidiamo di tornare indietro, di perdonare, di tentare una ricostruzione, gli amici che si erano schierati possono sentirsi traditi a loro volta. "Dopo tutto quello che ti ha fatto, come puoi ricascarci?". La delusione si insinua, il giudizio anche. E non è raro che si incrinino legami importanti, nati proprio per sostenerci.
Ecco perché è fondamentale scegliere con cura a chi raccontare cosa. Non tutti possono reggere il peso delle nostre verità. Non tutti sanno ascoltare senza interpretare, contenere senza intervenire.
Serve qualcuno che non voglia decidere per noi, ma che ci aiuti a capire cosa vogliamo decidere noi. Spesso, questo qualcuno è uno psicoterapeuta.
Gli amici possono esserci. Ma la responsabilità di ciò che facciamo con il dolore, con il perdono, con la scelta di restare o di andarcene, è nostra. Solo nostra.
Una storia da riscrivere insieme
La storia della vostra coppia è vostra. E a voi dovete rispondere.
Il tradimento apre una ferita che, per guarire davvero, ha bisogno di verità. Non solo quella dei fatti, ma quella dei bisogni, dei silenzi, delle distanze accumulate nel tempo. È un momento di rottura, sì, ma anche un’occasione – faticosa, scomoda – per fermarsi e chiedersi: cosa stava succedendo prima che accadesse tutto questo?
Riscrivere la storia di una coppia non vuol dire cancellare il passato. Vuol dire rileggerlo con occhi nuovi, chiedersi se e come vogliamo proseguire, e con quali condizioni. Significa fare spazio a una nuova narrazione, più consapevole, meno automatica, più vera.
E serve farlo in due. Perché anche se il dolore colpisce in modo diverso chi ha tradito e chi è stato tradito, entrambi devono potersi raccontare, ascoltare, comprendere. Non per giustificare, ma per ricostruire un linguaggio comune.
Non si torna indietro come si spegne un interruttore. Non siamo macchine. Siamo cuori. E i cuori, se feriti, non guariscono da soli. Ma possono, insieme, imparare a battere di nuovo allo stesso ritmo.
La terapia come spazio sicuro
La terapia è uno spazio protetto. Franco. Vivo.
Uno spazio dove ricostruire senso, dove smettere di guardare solo le crepe e iniziare a guardare cosa possiamo ancora salvare. Dove domandarsi: quando abbiamo smesso di vederci? Dove ci siamo persi? E cosa ci serve per ritrovarci?
Il perdono non è un atto, ma un processo
Perché il perdono non è una dichiarazione. È un processo. Fatto di partecipazione, comprensione, riparazione. Non è mai scontato. Ma può essere trasformativo.
Perdonare non significa dimenticare o minimizzare il dolore. Non significa nemmeno "rimettere tutto a posto" come se nulla fosse accaduto. Significa, invece, scegliere consapevolmente di attraversare il dolore senza lasciarsene definire. Significa guardare l’altro con occhi nuovi, cercando di comprendere – seppur con fatica – cosa l’ha portato a compiere quel gesto.
Ma non esiste perdono senza riparazione. Riparare vuol dire assumersi la responsabilità, riconoscere l’impatto, fare spazio all’ascolto, anche quando fa male. È un lavoro delicato, che richiede coraggio, costanza, verità.
Chi ha tradito deve essere disposto a esporsi, a farsi domande, a ricostruire la fiducia passo dopo passo. Chi è stato ferito deve poter trovare le parole per raccontare il dolore senza essere invalidato, ridicolizzato o ridotto al silenzio.
Il perdono non è un gesto una tantum, ma un percorso fatto di tappe, di ricadute, di esitazioni. È una danza fragile tra due vulnerabilità. E a volte, proprio nel provare a perdonare, si scopre che l’amore può maturare, diventare più profondo, più vero. O, al contrario, si comprende che la relazione non può più proseguire.
In entrambi i casi, è un processo che emancipa. Che restituisce dignità. E che, se affrontato con onestà, può insegnare a scegliere, e non solo a restare.
E anche se lo yacht più tecnico si ferma al primo porto, e il viaggio sembra ormai compromesso, forse l'antico veliero, restaurato con cura, può ancora salpare. E insegnare di nuovo il piacere della navigazione.
"Perché l'amore è tutto. Ed è tutto ciò che sappiamo dell'amore." cit. Emily Dickinson
Bibliografia:
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M.G. Attili, Attaccamento ed Amore, Il Mulino, 2022
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J.M. Gottman, Dieci Principi per una terapia di coppia efficace, Raffaello Cortina, 2021
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U. Longoni, Istruzioni per amori imprevisti, Franco Angeli, 2018
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E. Jannini, Uomini che piacciono alle donne, Marsilio-Sonzogno, 2022

Psicoterapeuta e sessuologa, le macro aree dei miei interventi riguardano "i nuovi sintomi": le dipendenze affettive e sessuali (abusi relazionali, ghosting, dipendenza da chat erotiche, infedeltà, separazioni complesse, amori digitali e romance scam, etc); il maschile e le difficoltà relazionali e sessuali, procreazione medicalmente assistita e peri-prenatalità. Mi occupo di piu di 20 anni di protocolli specifici per la risoluzione degli attacchi di panico e le fobie. I miei interventi sono rivolti a giovani, adulti dai 18 anni e coppie.