Fuga nella razionalità: quando pensare troppo serve a non sentire

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Scritto da Redazione Freud
Pubblicato il 23/04/2025 in Blog

Molte persone credono che essere razionali sia sempre un punto di forza.
E in effetti lo è: la capacità di analizzare, valutare, decidere con lucidità ci aiuta in moltissime situazioni.

Ma quando la razionalità diventa l’unico modo per affrontare la realtà, rischia di trasformarsi in una gabbia.
Una forma di difesa che impedisce di sentire.
Una fuga elegante da tutto ciò che fa paura.

Cos’è la fuga nella razionalità?

La fuga nella razionalità è un meccanismo psicologico in cui le emozioni vengono sistematicamente bypassate, analizzate o giustificate attraverso il pensiero logico.
Non si tratta di “essere persone razionali” in senso generale, ma di usare il pensiero come scudo.

Chi mette in atto questo meccanismo tende a:

  • razionalizzare ogni esperienza emotiva;

  • sminuire i propri vissuti affettivi (“non è grave”, “è solo una fase”, “devo reagire”);

  • concentrarsi sui fatti, sui dettagli, sulle strategie, evitando la dimensione emotiva.

Come si manifesta?

  • Di fronte a una difficoltà, parli di soluzioni ma non di come ti senti.

  • Preferisci pensare, leggere, informarti piuttosto che fermarti ad ascoltare le tue emozioni.

  • Ti senti a disagio quando qualcuno ti fa domande sul tuo stato d’animo.

  • In situazioni emotivamente intense, ti senti “disconnesso” o tendi a razionalizzare tutto.

  • Ti capita spesso di analizzare le emozioni altrui, ma fai fatica con le tue.

Perché succede?

Spesso, dietro questa tendenza c’è una paura profonda di essere sopraffatti dalle emozioni.
È un meccanismo di protezione appreso, a volte molto presto nella vita. Le cause più frequenti includono:

  • Famiglie emotivamente fredde: in cui non c’era spazio per esprimere vulnerabilità.

  • Messaggi impliciti ricevuti nell’infanzia, come: “non piangere”, “non esagerare”, “ragiona”.

  • Eventi traumatici: che hanno insegnato alla persona a sopravvivere usando la testa, non il cuore.

  • Personalità con tratti perfezionistici: che vivono le emozioni come una “perdita di controllo”.

Le conseguenze sul lungo termine

All’inizio, questa strategia funziona.
La persona appare solida, lucida, “che sa sempre cosa fare”.
Ma nel tempo… qualcosa si spegne.

Le emozioni non scompaiono: restano lì, congelate, in attesa di essere ascoltate.
E spesso si trasformano in:

  • ansia generalizzata;

  • blocchi emotivi o relazionali;

  • sensazione di vuoto o apatia;

  • difficoltà a costruire intimità profonda;

  • somatizzazioni (mal di stomaco, tensioni muscolari, insonnia).

Come diceva Jung: “Tutto ciò che non viene alla coscienza ritorna sotto forma di destino.”

Pensare non è un problema. Ma sentire è un diritto.

Non c’è nulla di sbagliato nella razionalità.
È un’abilità preziosa, soprattutto in un mondo complesso come il nostro.
Ma quando diventa l’unico modo di stare al mondo, ti toglie qualcosa:
la possibilità di vivere le emozioni in modo pieno, autentico, umano.

Come si esce dalla fuga nella razionalità?

  1. Riconoscere il meccanismo: chiediti se stai davvero sentendo, o solo pensando.

  2. Dare spazio al corpo: il corpo sente prima della mente. Ascoltalo.

  3. Imparare a stare nell’emozione: senza doverla subito spiegare o analizzare.

  4. Fare domande diverse a sé stessi: non solo “cosa devo fare?”, ma “cosa sto provando?”.

  5. Iniziare un percorso terapeutico: può aiutarti a costruire un dialogo nuovo con la tua parte emotiva.

Conclusione

La razionalità è un dono.
Ma se usata per evitare il dolore, può diventare una prigione.
Riscoprire le emozioni non significa perdere lucidità.
Significa riappropriarsi della propria interezza.

Solo quando pensiero ed emozione tornano a dialogare, puoi sentirti veramente libero.

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