Ortoressia emotiva: mangiare sano per nascondere il caos interiore

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Scritto da Redazione Freud
Pubblicato il 17/04/2025 in Blog

La tua dieta è perfetta.
Il tuo corpo è in forma.
Ma dentro, c’è una guerra che non hai mai digerito.
E allora controlli. Pesi. Eviti.
Non per stare meglio. Ma per non sentire.

Quando mangiare sano diventa un’ossessione silenziosa

Viviamo nell’epoca dell’alimentazione consapevole.
Mangiare “pulito” è diventato un valore sociale, un simbolo di disciplina, salute, autocontrollo.
Ma per alcuni, non è solo salute. È sopravvivenza psicologica.

L’ortoressia nervosa è un disturbo alimentare non ancora ufficialmente riconosciuto dal DSM-5, ma sempre più diffuso.
È l’ossessione per un’alimentazione sana, naturale e pura, portata all’estremo, fino a compromettere la salute fisica, sociale ed emotiva della persona【1】.

L’ortoressia emotiva, invece, è la sua declinazione più invisibile: quando il mangiare sano non serve più a nutrirsi, ma a contenere l’ansia, il disordine interno, il caos emotivo.

Non è attenzione. È ipercontrollo mascherato.

Chi ne soffre:

  • Legge tutte le etichette.

  • Evita ogni alimento “impuro” (glutine, zucchero, conservanti, latticini, ecc.).

  • Pianifica rigidamente i pasti.

  • Ha forti sensi di colpa se “sgarra”.

  • Prova ansia o angoscia se costretto a mangiare fuori dalle proprie regole.

  • Giudica (o si sente giudicato) in base a ciò che mangia.

E soprattutto: usa il controllo sul cibo per controllare la propria vita emotiva.

Una prigione fatta di scelte “giuste”

L’ortoressia non è una scelta consapevole.
È un adattamento.
Un modo per sentirsi al sicuro in un mondo percepito come instabile.

Molte persone che ne soffrono non si definirebbero mai “malate”.
Anzi: spesso vengono ammirate per la loro disciplina, forma fisica, stile di vita.
Ma dietro il piatto perfetto c’è spesso:

  • Ansia generalizzata.

  • Depressione sommersa.

  • Disturbo ossessivo-compulsivo.

  • Traumi non elaborati.

  • Stili di attaccamento rigidi o evitanti.

Il cibo come spazio psichico ordinabile

Secondo alcuni studi (Brytek-Matera et al., 2015), l’ortoressia è collegata a tratti di perfezionismo clinico e bisogno di controllo su aspetti imprevedibili della vita【2】.
In altre parole, si ordina il piatto per non affrontare il disordine interno.

Il cibo diventa:

  • Un rituale che anestetizza il caos.

  • Una zona sicura in cui tutto è previsto.

  • Un filtro che protegge dal dolore, dalla rabbia, dalla tristezza.

Mangiare sano non fa male.
Ma quando è l’unico modo che hai per sentirti “a posto”, allora non è più una scelta libera.
È una gabbia.

Il corpo come campo di battaglia silenzioso

Chi soffre di ortoressia emotiva non cerca solo la salute.
Cerca identità, valore, riconoscimento, controllo.

Il corpo diventa:

  • Una corazza.

  • Un biglietto da visita.

  • Una zona neutra dove non si sente.

Molte persone raccontano in terapia frasi tipo:

  • “Se mangio bene, allora valgo.”

  • “Se perdo il controllo col cibo, perdo tutto.”

  • “Mi sento più forte quando rispetto la mia dieta.”

Ma sotto la forza c’è spesso una paura profondissima:
la paura di sentirsi vulnerabili, dipendenti, sbagliati, fragili.

La solitudine di chi è sempre “virtuoso”

Chi soffre di ortoressia emotiva tende a isolarsi:

  • Evita cene, uscite, vacanze, eventi sociali.

  • Rifiuta inviti “non compatibili”.

  • Giudica (o si sente giudicato) da chi mangia diversamente.

E piano piano, la socialità si riduce.
La spontaneità scompare.
L’alimentazione diventa una religione silenziosa… e solitaria.

Non si guarisce rinunciando al controllo. Si guarisce tornando a sentire.

La guarigione non è mangiare “peggio”.
È ritrovare libertà.
Libertà di scegliere, di ascoltarsi, di accogliere anche l’imperfezione.

Serve un percorso terapeutico che:

  • Aiuti a riconnettere il corpo alle emozioni.

  • Sciolga le convinzioni rigide che legano cibo e valore personale.

  • Crei spazi sicuri in cui si possa essere vulnerabili senza doversi correggere.

Il cibo non è il problema. È il messaggio.

Se hai bisogno di controllare tutto, non sei pazzo.
Se ti senti in colpa per aver mangiato “male”, non sei debole.
Hai solo imparato a usare il cibo come regolatore affettivo.

Ma puoi smettere.
Puoi iniziare a occuparti di quello che senti, non solo di quello che ingerisci.

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Riferimenti bibliografici

  1. Bratman, S., & Knight, D. (2000). Health Food Junkies: Overcoming the Obsession with Healthful Eating. Broadway Books.

  2. Brytek-Matera, A., Donini, L. M., Krupa, M., Poggiogalle, E., & Hay, P. (2015). Orthorexia nervosa and self-attitudinal aspects of body image in female and male university students. Journal of Eating Disorders, 3(1), 2. https://doi.org/10.1186/s40337-015-0042-4