Cybervoyeurismo passivo: vivere attraverso la vita degli altri sui social

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Scritto da Redazione Freud
Pubblicato il 19/04/2025 in Blog

Non posti nulla.
Non metti like.
Ma osservi tutto.
E intanto, la tua vita si sfuoca.
Non sei sui social per mostrarti.
Ci sei per scomparire nel confronto.
Per sentirti meno solo. O forse, più solo.
È il cybervoyeurismo passivo:
una finestra sempre accesa sugli altri, che chiude le tende su di te.

La vita degli altri come intrattenimento emotivo

Scrolli.
Un amico ha cambiato lavoro.
Una ex è in vacanza.
Un influencer ha pubblicato la colazione.
Tu… stai lì. Guardi.
Senza interagire. Senza partecipare. Senza condividere.
Solo osservi.

Il cybervoyeurismo passivo è la fruizione silenziosa e compulsiva dei contenuti altrui sui social, senza partecipazione attiva.
È quando passi ore a guardare le vite degli altri, come se fossero serie TV.
Ma alla fine della puntata… la tua storia resta in pausa.

Non è solo curiosità. È anestesia quotidiana.

Non stai semplicemente “navigando”.
Stai fuggendo da qualcosa.

  • Dal vuoto.

  • Dall’ansia.

  • Dalla tua realtà.

  • Dal confronto con le tue scelte.

Secondo un articolo pubblicato su Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking (Frison & Eggermont, 2016), l’uso passivo dei social media è associato a un maggiore senso di inadeguatezza e minore benessere soggettivo【1】.

Come si manifesta il cybervoyeurismo passivo

  • Apri Instagram, TikTok, Facebook più volte al giorno, senza motivo apparente.

  • Non pubblichi quasi nulla, ma sai tutto degli altri.

  • Ti ritrovi spesso a fare “ricerche” su persone, ex, colleghi, sconosciuti.

  • Ti senti in colpa o “sporco” dopo aver scrollato troppo.

  • Eviti il contatto diretto: preferisci guardare da fuori.

  • Hai la sensazione che la tua vita sia meno reale di quella che osservi.

Il paradosso: più osservi, meno esisti

All’inizio è una distrazione.
Poi diventa un’abitudine.
Infine, una zona grigia in cui la tua identità si assottiglia.

La vita degli altri diventa:

  • più interessante,

  • più bella,

  • più completa.

E tu… un osservatore muto, intrappolato nella finestra digitale.

Cosa c’è sotto questa dinamica?

Molto spesso, il cybervoyeurismo passivo è legato a:

  • bassa autostima: “la mia vita non è degna di essere mostrata”;

  • evitamento sociale: paura di esporsi, di fallire, di essere visti davvero;

  • dipendenza affettiva silente: monitorare gli altri per sentirsi legati a loro;

  • senso di esclusione: restare “vicino” agli altri attraverso il controllo.

È un meccanismo di coping passivo: anziché affrontare il tuo vuoto, lo anestetizzi con la sovraesposizione agli altri.

Il problema non sono i social. È come li usi per dimenticarti di te.

I social non sono “il male”.
Ma quando li usi per vivere attraverso gli altri, invece che accanto a loro…
stai lentamente lasciando andare la tua esistenza autentica.

Secondo un’analisi condotta da Verduyn et al. (2017), l’uso attivo dei social media ha effetti neutri o positivi, mentre l’uso passivo è correlato a una diminuzione del benessere e un aumento del confronto sociale negativo【2】.

Il corpo si spegne. E la mente segue.

Chi è immerso nel cybervoyeurismo passivo può sviluppare:

  • FOMO cronica (paura di perdersi qualcosa),

  • apatia,

  • senso di irrealtà,

  • rimuginio depressivo,

  • invidia nascosta,

  • blocchi esistenziali e procrastinazione.

Stai osservando vite… invece di vivere la tua.

Uscirne si può (ma non si fa spegnendo il telefono)

Non basta un “digital detox”.
Serve un detox dall’autosvalutazione.
Serve ritrovare:

  • il contatto con il corpo (sport, camminate, presenza),

  • attività che ti riempiano dall’interno (non per essere viste),

  • conversazioni autentiche (fuori dallo schermo),

  • una relazione terapeutica che ti aiuti a rientrare nella tua vita.

Guardare è sicuro. Ma vivere è l’unica cosa che ti serve.

La tua vita non è un confronto.
Non è un algoritmo.
Non è una story.
È qualcosa che merita di essere sentito. Condiviso. Abitato.

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Riferimenti bibliografici

  1. Frison, E., & Eggermont, S. (2016). Browsing, posting, and liking on Instagram: The reciprocal relationships between different types of Instagram use and adolescents’ depressed mood. Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking, 19(12), 703–708. https://doi.org/10.1089/cyber.2016.0201

  2. Verduyn, P., Ybarra, O., Résibois, M., Jonides, J., & Kross, E. (2017). Do Social Network Sites Enhance or Undermine Subjective Well-Being? A Critical Review. Social Issues and Policy Review, 11(1), 274–302. https://doi.org/10.1111/sipr.12033