Cybervoyeurismo passivo: vivere attraverso la vita degli altri sui social


Non posti nulla.
Non metti like.
Ma osservi tutto.
E intanto, la tua vita si sfuoca.
Non sei sui social per mostrarti.
Ci sei per scomparire nel confronto.
Per sentirti meno solo. O forse, più solo.
È il cybervoyeurismo passivo:
una finestra sempre accesa sugli altri, che chiude le tende su di te.
La vita degli altri come intrattenimento emotivo
Scrolli.
Un amico ha cambiato lavoro.
Una ex è in vacanza.
Un influencer ha pubblicato la colazione.
Tu… stai lì. Guardi.
Senza interagire. Senza partecipare. Senza condividere.
Solo osservi.
Il cybervoyeurismo passivo è la fruizione silenziosa e compulsiva dei contenuti altrui sui social, senza partecipazione attiva.
È quando passi ore a guardare le vite degli altri, come se fossero serie TV.
Ma alla fine della puntata… la tua storia resta in pausa.
Non è solo curiosità. È anestesia quotidiana.
Non stai semplicemente “navigando”.
Stai fuggendo da qualcosa.
-
Dal vuoto.
-
Dall’ansia.
-
Dalla tua realtà.
-
Dal confronto con le tue scelte.
Secondo un articolo pubblicato su Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking (Frison & Eggermont, 2016), l’uso passivo dei social media è associato a un maggiore senso di inadeguatezza e minore benessere soggettivo【1】.
Come si manifesta il cybervoyeurismo passivo
-
Apri Instagram, TikTok, Facebook più volte al giorno, senza motivo apparente.
-
Non pubblichi quasi nulla, ma sai tutto degli altri.
-
Ti ritrovi spesso a fare “ricerche” su persone, ex, colleghi, sconosciuti.
-
Ti senti in colpa o “sporco” dopo aver scrollato troppo.
-
Eviti il contatto diretto: preferisci guardare da fuori.
-
Hai la sensazione che la tua vita sia meno reale di quella che osservi.
Il paradosso: più osservi, meno esisti
All’inizio è una distrazione.
Poi diventa un’abitudine.
Infine, una zona grigia in cui la tua identità si assottiglia.
La vita degli altri diventa:
-
più interessante,
-
più bella,
-
più completa.
E tu… un osservatore muto, intrappolato nella finestra digitale.
Cosa c’è sotto questa dinamica?
Molto spesso, il cybervoyeurismo passivo è legato a:
-
bassa autostima: “la mia vita non è degna di essere mostrata”;
-
evitamento sociale: paura di esporsi, di fallire, di essere visti davvero;
-
dipendenza affettiva silente: monitorare gli altri per sentirsi legati a loro;
-
senso di esclusione: restare “vicino” agli altri attraverso il controllo.
È un meccanismo di coping passivo: anziché affrontare il tuo vuoto, lo anestetizzi con la sovraesposizione agli altri.
Il problema non sono i social. È come li usi per dimenticarti di te.
I social non sono “il male”.
Ma quando li usi per vivere attraverso gli altri, invece che accanto a loro…
stai lentamente lasciando andare la tua esistenza autentica.
Secondo un’analisi condotta da Verduyn et al. (2017), l’uso attivo dei social media ha effetti neutri o positivi, mentre l’uso passivo è correlato a una diminuzione del benessere e un aumento del confronto sociale negativo【2】.
Il corpo si spegne. E la mente segue.
Chi è immerso nel cybervoyeurismo passivo può sviluppare:
-
FOMO cronica (paura di perdersi qualcosa),
-
apatia,
-
senso di irrealtà,
-
rimuginio depressivo,
-
invidia nascosta,
-
blocchi esistenziali e procrastinazione.
Stai osservando vite… invece di vivere la tua.
Uscirne si può (ma non si fa spegnendo il telefono)
Non basta un “digital detox”.
Serve un detox dall’autosvalutazione.
Serve ritrovare:
-
il contatto con il corpo (sport, camminate, presenza),
-
attività che ti riempiano dall’interno (non per essere viste),
-
conversazioni autentiche (fuori dallo schermo),
-
una relazione terapeutica che ti aiuti a rientrare nella tua vita.
Guardare è sicuro. Ma vivere è l’unica cosa che ti serve.
La tua vita non è un confronto.
Non è un algoritmo.
Non è una story.
È qualcosa che merita di essere sentito. Condiviso. Abitato.
Se vuoi iniziare da qualche parte, inizia da qui.
Su Freud puoi trovare lo psicoterapeuta giusto per te, in modo semplice e sicuro.
Compila il questionario: bastano pochi minuti per tornare da spettatore a protagonista.
Perché vivere davvero è l’unica cosa che non puoi scrollare.
[Inizia il questionario →]
Riferimenti bibliografici
-
Frison, E., & Eggermont, S. (2016). Browsing, posting, and liking on Instagram: The reciprocal relationships between different types of Instagram use and adolescents’ depressed mood. Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking, 19(12), 703–708. https://doi.org/10.1089/cyber.2016.0201
-
Verduyn, P., Ybarra, O., Résibois, M., Jonides, J., & Kross, E. (2017). Do Social Network Sites Enhance or Undermine Subjective Well-Being? A Critical Review. Social Issues and Policy Review, 11(1), 274–302. https://doi.org/10.1111/sipr.12033