Come rispettare i confini in psicoterapia: il patto invisibile che rende possibile la trasformazione


- Cosa sono i confini in psicoterapia
- Il ruolo attivo del paziente nel rispetto dei confini
- Cosa succede quando i confini vengono violati
- Come gestire e negoziare i confini nella relazione terapeutica
- Conclusioni
Cosa sono i confini in psicoterapia
I confini in psicoterapia sono le regole implicite ed esplicite che definiscono la relazione tra terapeuta e paziente. Sono come le sponde di un fiume: non limitano il flusso, lo rendono possibile. Definiscono ciò che è appropriato e ciò che non lo è, ciò che appartiene al campo terapeutico e ciò che deve restare fuori.
Immagina di entrare in uno spazio dove tutto di te è accolto, ma non tutto può essere agito. È questa la sottile danza che regola la terapia: uno spazio sicuro, ma contenuto. Un paziente può sentirsi profondamente compreso senza essere “amico” del terapeuta; può parlare di tutto, ma non tutto può essere fatto o richiesto.
Secondo Gutheil e Gabbard (1993), i confini includono aspetti come il tempo, lo spazio, il denaro, il linguaggio e persino il silenzio. Questi elementi strutturano l’esperienza terapeutica e creano un contenitore affidabile in cui il paziente può esplorare senza rischi di confusione o invasione1.
Laura, 29 anni, inizia un percorso per superare una forte ansia. Dopo alcune sedute, inizia a mandare messaggi al terapeuta fuori orario. Non lo fa per manipolazione, ma per bisogno di rassicurazione. Il terapeuta, mantenendo fermezza e accoglienza, le spiega che i messaggi fuori orario non rientrano nel setting, e la invita a portare questo bisogno in seduta. In quel momento, Laura si sente respinta, ma nelle settimane successive, quel confine diventa uno specchio potente per comprendere la sua difficoltà a reggere l’attesa e la frustrazione.
Il ruolo attivo del paziente nel rispetto dei confini
Spesso si pensa che i confini debbano essere gestiti solo dal terapeuta. Ma il rispetto dei confini è una responsabilità condivisa. Il paziente ha un ruolo attivo nel riconoscere i limiti, esprimere disagi e negoziare bisogni nel tempo.
Questo non significa essere “perfetti”, ma portare in terapia anche le difficoltà nel rispettare i limiti. La terapia è uno spazio dove sperimentare nuove modalità relazionali, e ciò include anche imparare a riconoscere i propri confini emotivi, temporali, corporei.
Come suggerisce la psicologa Nancy McWilliams, una buona terapia è spesso quella che insegna al paziente a diventare il proprio confine: sapere quando dire no, quando allontanarsi, quando restare2.
Marco, 45 anni, inizia una terapia dopo un burnout professionale. Porta con sé l’idea che “se paghi, l’altro è a tua disposizione”. Questo atteggiamento lo porta a trattare le sedute come appuntamenti flessibili e a cercare rassicurazioni continue. Quando il terapeuta lo confronta su questo, Marco si sente ferito. Ma progressivamente comprende che anche nel lavoro ha annullato i suoi confini, aspettandosi che gli altri facessero lo stesso. La terapia diventa uno specchio trasformativo.
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Cosa succede quando i confini vengono violati
Quando i confini vengono trasgrediti, anche in modo sottile, la relazione terapeutica rischia di perdere la sua funzione trasformativa. La confusione di ruoli, il coinvolgimento personale del terapeuta, o l’eccessiva disponibilità possono far deragliare il processo.
Le violazioni possono essere evidenti (contatti fisici, relazioni fuori setting) o sottili (commenti ambigui, favoritismi, uso inadeguato dei social). Entrambe compromettono la fiducia e la sicurezza dell’alleanza terapeutica3.
Chiara, 36 anni, racconta di aver avuto un terapeuta che spesso parlava di sé. All’inizio si sentiva “vista”, poi confusa. Non capiva se stava facendo terapia o sostenendo il terapeuta. Quando ha cambiato professionista, ha ritrovato il senso di uno spazio realmente dedicato a sé. Quel confronto l’ha aiutata a capire quanto il rispetto dei confini sia anche un atto d’amore professionale.
Come gestire e negoziare i confini nella relazione terapeutica
I confini non sono rigidi: sono dinamici. Una terapia efficace è anche quella che sa negoziare i limiti in base ai bisogni reali del paziente e allo sviluppo della relazione. Ma questa negoziazione deve sempre avvenire all’interno di un’etica chiara, professionale, consapevole.
Molti terapeuti oggi utilizzano strumenti di psicologia relazionale per lavorare esplicitamente sul contratto terapeutico: come si lavora insieme, quali spazi si possono costruire, cosa fare quando emergono dubbi o desideri non contenibili.
La chiarezza iniziale su durata delle sedute, frequenza, modalità di comunicazione fuori seduta e confidenzialità è già una forma potente di contenimento e prevenzione delle crisi.
Anna, 52 anni, ha bisogno di sentire il terapeuta tra una seduta e l’altra per sentirsi sostenuta. Il terapeuta le propone un contenimento tra sedute via mail settimanale, concordato e strutturato. Questa flessibilità, senza perdere professionalità, rafforza l’alleanza e permette ad Anna di non sentirsi mai abbandonata ma neppure invischiata.
Conclusioni
I confini in psicoterapia non sono muri. Sono ponti. Sono le condizioni che permettono la libertà, la fiducia, la trasformazione profonda. Riconoscerli, rispettarli, negoziarli è parte del percorso stesso. Se ti sei riconosciuto in alcuni dei vissuti raccontati, forse è il momento di affidarti a qualcuno che sappia accompagnarti nel tuo cammino, senza invaderti e senza lasciarti solo.
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Riferimenti bibliografici
- Gutheil, T. G., & Gabbard, G. O. (1993). The concept of boundaries in clinical practice: theoretical and risk-management dimensions. American Journal of Psychiatry, 150(2), 188-196.
- McWilliams, N. (2011). Psychoanalytic Diagnosis: Understanding Personality Structure in the Clinical Process. Guilford Press.
- Zur, O. (2007). Boundaries in psychotherapy: Ethical and clinical explorations. American Psychological Association.